Marras Giuseppe

domenica 10 agosto 2008


Si chiamava Marras Giuseppe.
Era uno dei più grandi possidenti delle terre dell’ Anglona.
Un uomo basso e tarchiato, con un odore acre di sudore anche nelle giornate fredde d’inverno.
Tutti prima o poi si erano scontrati con lui quanto meno verbalmente. Prepotente e ignorante cercava sempre la rissa.
E sempre la trovava.
Entrava nei bar con quell’atteggiamento da grande spaccone quale era, sputando tra i tavoli e trascinando gli anfibi sporchi di melma sul pavimento.
Capivi che tipo di persona era anche prima che aprisse bocca, e quando l’apriva non era una sorpresa sentire una parola preceduta e seguita da quattro bestemmie.

Il 31 dicembre 2001 una pallottola gli bucò lo stomaco.
Pioveva, non si vedeva ad un passo dal naso per la nebbia.
Non era giorno di caccia.
Ma qualcuno aveva fatto caccia grossa.
Pum pum. Due colpi e Giuseppe Marras aveva finito di essere l’uomo di merda che era sempre stato.
Uno allo stomaco, e per sicurezza uno sul fianco, quasi al rene, a quello che gli avevano trapiantato saltando liste d’attesa interminabili. Qualcuno diceva che l’ aveva comprato da un bambino sano a Perfugas, figlio di una misera famiglia di pastori.
Fatto sta che alla fine quel rene, comprato o no, glielo avevano fatto saltare.

Lo trovò Antonio Pintus, il suo tuttofare, una mezz’ora dopo.
Riverso a pancia in giù in mezzo ai maiali.
Al suo posto insomma, pensarono tutti quando venne divulgata la notizia.
Vennero interrogati tutti i cacciatori del suo paese e di quelli limitrofi.
Ispezionate tutte le case di possessori di fucili.
Anche quella di mio zio.
La sua arroganza prepotente era motivo sufficiente perché tutti gioissero della sua morte.
Tutti indiziati e potenziali colpevoli.
Ma alla fine tutti innocenti.
Su ‘ La Nuova Sardegna ’ fino al termine delle indagini nella pagina della cronaca nera gli veniva sempre riservato un trafiletto che aggiornava sul nulla in realtà, dato che alla fine la vicenda si è chiusa senza un colpevole.

Una di quelle storie che fin dalle prime battute preannuncia un doloroso finale.
Nessuno ha mai confessato di averlo fatto fuori, ma tutti hanno in silenzio ringraziato per la liberazione che tale generoso gesto ha regalato.

Soprattutto la moglie.
L’unica mai indagata, perché si sa che queste cose di vendette e faide, di fucilate in mezzo alla nebbia e risse nei bar,sono principalmente cose da uomini.


1 Comment:

Anonimo said...

Mi piace molto questo racconto...
Verista-verghiano...
Complimenti per la tua scioltezza di linguaggio e capacità descrittiva...
Midian